Location: P. Bembo, "Delle lettere di M. Pietro Bembo, primo volume" (editio princeps)
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Type:Personal Letter
Language:Italian
Transcription Author: John Shearman
Published: yes
Publication Details: The text comes from the editio princeps of P. Bembo, "Delle lettere di M. Pietro Bembo, primo volume", Roma 1548, pp. 360-61; J. Shearman, “ Raphael in early modern sources”, I, Yale University in association with the Bibliotheca Hertziana Max-Planck-Institut für Kunstgeschichte, New Haven and Londra 2003, pp. 101-04.
Notes:

Pietro Bembo writes to Don Michele at Camaldoli with reference to an "imagine" to be made "per mano di un gran Maestro" (Raphael).

Artist(s): Raphael
Dates: 6.5.1507
A Don Michele fiorentino rinchiuso nell'eremo di Camaldoli. Voi vi potete esser maravigliato, R. Padre, che da poi che io fui nella fine del settembre passato a visitarvi et a farvi riverenza, io non v'habbia mai dato alcuna novella di me, né pure delle commessioni da voi datemi. La qual cosa è avenuta per questo: che ritornato che io fui ad Urbino, e renduta a Madama Ducbessa la corona de' vostri paternostri, ella diliberò di mandarvi allo 'ncontro alcuna cosa delle sue che in memoria di lei con voi dimorasse. Perché non si trovando ella in quel punto dono alcuno, che le paresse degno della vostra bontà, ordinò una imagine che per mano d'un gran maestro della pittura, a vostro nome, con ogni celerità pos¬sibile si facesse. E volendo io scrivere, mi commise che io indugiassi fino attanto che la imagine si fornisse, e mandassevisi, con la quale ancho ella vi scriverebbe, estimando che questo havesse ad essere di poche settimane soprastamento. Avenne poi che, per essere il dipignere di quella maniera malagevole da farsi nelle fredde stagioni, e questa vernata suta acerbis¬sima, molti mesi passarono, che oltra un poco incominciamento non vi si potè por mano, in modo che tra per questa cagione, e per la qualità del lavorio, che è sottile e minuto molto, fin questi dì la imagine ha penato a fornirsi, né io in questo tempo v'ho mai scritto. Il quale errore, se vi degnerete perdonarmi, non sarà però che io non ne riabbia portata la penitenza, che meco stesso me ne sono e doluto e ramaricato molte volte. E di ciò havere questo detto basti. [. . .] A' vi. di maggio M.D.VII, di Urbino.